La Sindrome del Sopravvissuto: affrontare la colpa verso la guarigione post traumatica

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La Sindrome del Sopravvissuto: affrontare la colpa verso la guarigione post traumatica

La sindrome del sopravvissuto è un fenomeno psicologico complesso che coinvolge spesso chi ha vissuto esperienze traumatiche o catastrofiche come incidenti, violenze familiari, disastri naturali, attentati, malattie gravi o altre situazioni ad alto impatto emotivo.

In questo articolo approfondiremo la complessità del senso di colpa che può affliggere i sopravvissuti, e le sfide legate alla difficoltà a riabbracciare la vita con gioia e a ritrovare la felicità dopo avere superato eventi di questo calibro.

La Sindrome dei Sopravvissuti

Si direbbe che, inevitabilmente, dopo essere sopravvissuti (fisicamente o psichicamente) ad un evento drammatico, la reazione naturale sarebbe quella di gioire per lo scampato pericolo, di godersi ogni singolo giorno ricevuto in dono e di valorizzare ogni istante della propria vita.

Come spesso accade nel nostro mondo interno, le cose non sono però così semplici. E la sindrome del sopravvissuto ce lo insegna.

Spesso, l’emozione che accompagna la vita post traumatica in particolari condizioni è il senso di colpa: il senso di colpa dei sopravvissuti.

L’origine del senso di colpa del sopravvissuto

Chi ha la fortuna di sopravvivere ad un evento traumatico, che mette la persona a stretto contatto con la morte fisica o psicologica, deve affrontare il senso di colpa… di essere sopravvissuto. Si tratta di un senso di colpa post-traumatico, che si somma agli effetti del trauma stesso.

In tali eventi infatti, possono esserci state altre vittime:

  • in disastri naturali o per mano umana
  • in incidenti stradali
  • nelle guerre
  • nelle malattie gravi
  • in caso di violenze o abusi familiari
  • in caso di licenziamenti aziendali che riguardano i colleghi ma non noi.

 

La fortuna di aver avuto la meglio ha sempre un rovescio della medaglia: il pensiero va inevitabilmente a chi non è riuscito a sopravvivere, o ai fratelli che hanno ricevuto violenza (mentre io, per qualche ragione, sono stata graziato dal perpetratore). Diventa allora impossibile gioire, ed essere incuranti della sofferenza degli altri protagonisti della vicenda: ecco la sindrome dei sopravvissuti.

Pensiamo ad esempio ai veterani di guerra rientrati alle loro case: c’è molta letteratura, cinematografia e ricerca proprio su questa popolazione di soggetti. Si tratta spesso di storie in cui viene descritta una sintomatologia composta da incubi, flashback, sensazioni di rivivere l’evento e pensieri intrusivi sui momenti peggiori vissuti (sintomi post traumatici), oltre al ricordo costante dei compagni di squadra deceduti sul campo.

Un esempio di queste dinamiche è l’opera di Primo Levi, in particolare nel capitolo terzo della sua opera “I sommersi e i salvati“, in cui il tema della colpa e della responsabilità dei sopravvissuti ai campi di sterminio (i “salvati“) viene descritto con una dolorosa intensità. Levi stesso si ammalò di depressione e si ritiene che nella decisione di ricorrere al suicidio per porre fine alla propria vita abbia avuto un peso rilevante il tormento morale del senso di colpa del sopravvissuto, e per non essere riuscito a salvare i compagni di Lager.

Quali sono i sintomi della sindrome del sopravvissuto

Chi soffre di sindrome del sopravvissuto, spesso prova le seguenti sensazioni:

  • senso di colpa relativo al privilegio di essere sopravvissuto;
  • il confronto con chi è rimasto danneggiato o è deceduto;
  • senso di colpa o di responsabilità per non avere fatto abbastanza per prevenire o limitare i danni subiti dagli altri (“avrei dovuto fare di più, sarei dovuto intervenire prima“);
  • ansia, isolamento sociale, anedonia e sentimenti depressivi;
  • la conseguenza è il ritenere che l’Altro sarebbe stato più meritevole di sopravvivere, e che a questo punto si sarebbe preferito morire, o essere colui/colei che riporta i danni maggiori in seguito all’evento;
  • tali riflessioni, che spesso sono ricorsive e caratterizzate da rimuginio, riguardano il “perché”: perché proprio io sono stato così fortunato? Non poteva capitare a me il peggio?
  • si ritiene che, per espiare la colpa di essere sopravvissuti, si debba continuare a soffrire, e che sarebbe una grave offesa, verso chi non è stato così fortunato, raggiungere la felicità e la possibilità di godersi la vita.

 

Questi sentimenti sono alimentati e mantenuti da un pregiudizio che crea resistenza per l’elaborazione dell’evento: se torno a gioire, significa che sono indifferente, insensibile, o peggio ancora egoista. Se smetto di soffrire, mi dimenticherò dell’evento e questo non è giusto.

Le cognizioni negative che si consolidano nella sindrome dei sopravvissuti riguardano quindi l’impossibilità di stare bene, o di non meritarlo.

Come si guarisce dal trauma e dalla sindrome del sopravvissuto

Il percorso di una psicoterapia per superare un trauma psicologico dovrebbe essere condotto da un terapeuta con esperienza in questo ambito, e attraverso un approccio mirato.

Occorre un’iniziale fase di psicoeducazione sugli effetti del trauma e solo successivamente una fase di rielaborazione dell’evento attraverso tecniche come la terapia EMDR o la Flash Technique. Si tratta di un lavoro che deve necessariamente essere cauto e rispettoso dei meccanismi di difesa messi in atto per gestire gli effetti del trauma come appunto l’ambivalenza, il senso di colpa e la resistenza alla guarigione.

Talvolta infatti, quando gli eventi intorno a noi sono caotici, illogici ed inspiegabili talmente sono atroci, dare la colpa a se stessi è un modo per trovare una causa logica e dare un ordine alle cose.

Un approccio compassionevole e non giudicante verso se stessi è sempre terapeutico e funzionale, e nel caso particolare della sindrome dei sopravvissuti può essere di aiuto per accogliere le esperienze di vita sfavorevoli che hanno dato luogo ad autoaccuse, rabbia, sentimenti depressivi o disperazione.