Meccanismi di difesa psicologica: cosa sono e a cosa servono

meccanismi di difesa psicologica

Meccanismi di difesa psicologica: cosa sono e a cosa servono

I meccanismi di difesa psicologica sono un concetto fondamentale dell’approccio psicoanalitico. I meccanismi di difesa sono processi mentali automatici che aiutano tutti noi ad affrontare situazioni psicologicamente stressanti e a preservare il nostro equilibrio mentale. In questo articolo esploreremo le diverse tipologie di meccanismi di difesa, dal contributo di Freud alle integrazioni di Anna Freud e di altri autori psicoanalitici. Saranno affrontate le differenze tra i meccanismi di difesa primari e secondari e la loro funzione nell’economia psichica, con alcuni esempi per una comprensione più approfondita.

Meccanismi di Difesa Psicologica

I meccanismi di difesa psicologica rappresentano delle dinamiche psichiche automatiche che il nostro inconscio – tramite pensieri, sentimenti o comportamenti – attiva per proteggerci da conflitti e stress, e da emozioni angoscianti o da pensieri difficili da accettare. Sono modalità che utilizziamo abitualmente per rispondere alle richieste, agli eventi e agli stimoli della vita, e per evitare pericoli e dispiaceri.

Questi processi possono essere considerati come una sorta di “armatura” psicologica che ci aiuta a mantenere la stabilità emotiva nella quotidianità, nel breve e nel lungo periodo: dai momenti più comuni agli eventi più stressanti che la vita ci chiama ad affrontare, aiutandoci così a superare le varie difficoltà che incontriamo lungo il nostro cammino. Possono essere consci o inconsci, il che significa che possiamo essere consapevoli delle strategie difensive che mettiamo in atto, ma più spesso non lo siamo.

L’istanza deputata a mettere in atto i meccanismi di difesa è l’Io. L’Io ha diverse funzioni che aiutano a regolare la nostra vita psichica. Nel caso dei meccanismi di difesa potremmo dire che quando i contenuti che arrivano alla soglia della coscienza sono troppo “scottanti” (dolorosi, sconvenienti, pericolosi, angoscianti, intensi o difficili da accettare), l’Io mette in atto delle operazioni psichiche dinamiche e autoconservative, che servono appunto per proteggersi e quindi tenerci il più possibile al sicuro, sia dalle minacce esterne sia da quelle interne. E lo fa nel modo “migliore” possibile per quel singolo soggetto.

Meccanismi di Difesa Freudiani

La scoperta del funzionamento dei meccanismi di difesa deriva dall’osservazione degli psicoanalisti nella loro pratica clinica: notarono come i loro pazienti tendevano a reagire a determinati eventi penosi attraverso dei processi (comportamenti, pensieri e sentimenti) che tendevano a ripetersi.

Sigmund Freud, padre della psicoanalisi, ha il merito di avere intuito l’esistenza di operazioni inconsce difensive. Ha citato i meccanismi di difesa in diversi suoi scritti. Le difese, descritte come “dighe” protettive, vengono inizialmente chiamate genericamente “rimozione” (dalla parte conscia della mente), per poi essere declinate in varie tipologie. Freud espone dettagliatamente i vari meccanismi di difesa e la loro funzione nel mantenere l’equilibrio psicologico. Ne sottolinea in particolare la loro natura inconscia e spesso patologica (sarebbero l’origine dei sintomi psichici). Oggi, il concetto che queste strategie mentali automatiche siano esclusivamente patologiche è stato superato.

È importante sottolineare che la teoria dei meccanismi di difesa è stata ulteriormente sviluppata, sistematizzata e affinata successivamente da altri psicoanalisti, come la figlia Anna Freud e altri teorici.

Meccanismi di Difesa in Anna Freud

Anna Freud, figlia di Sigmund e affermata psicoanalista, ha ulteriormente sviluppato il concetto introducendo nuove prospettive su come funziona la mente umana sotto stress. La sua prospettiva ha posto un’enfasi particolare sul ruolo adattivo – e non solo patologico – che hanno questi processi mentali. Ha indagato lo sviluppo dei meccanismi di difesa durante l’infanzia e l’adolescenza, focalizzandosi sui meccanismi di adattamento e sulle strategie di coping durante la pubertà. La sua teoria ci è quindi utile per comprendere la prospettiva evolutiva: comprendere quindi quali strategie nascono per prime, e sono più primitive, e quali sono secondarie e quindi più evolute. Nasce così una prospettiva gerarchica e legata alla maturità e alla salute dell’Io, che sottolinea l’importanza di alcune variabili come:

  • l’intensità della difesa,
  • la sua adeguatezza rispetto all’età,
  • l’occasionalità o reversibilità della difesa, e la fase in cui viene utilizzata,
  • e il quadro generale delle difese impiegate da un soggetto.

In particolare, Anna Freud ha sviluppato il concetto di identificazione con l’aggressore e di una forma di altruismo, oltre a “scoprire” che l’ascetismo e l’intellettualizzazione sono difese caratteristiche della fase di sviluppo adolescenziale.

 

Meccanismi di Difesa Primari e Secondari – Primitivi ed Evoluti

Le varie tipologie di difesa sono strettamente legate alla fase evolutiva in cui si presentano e quindi al grado di maturità dell’Io.

Le difese primarie

sono primitive, arcaiche, ovvero meno evolute e nascono per prime in ordine cronologico. Le sviluppiamo da bambini quando siamo indifesi, e pertanto si tratta di difese potenti e globali. Le utilizziamo anche da adulti quando ci troviamo in grosse difficoltà.

Si annoverano tra le difese primitive le seguenti:

  • dissociazione
  • identificazione proiettiva
  • negazione
  • proiezione
  • regressione
  • scissione.

 

Le difese secondarie

sono più mature quindi più “sofisticate” ed evolute: nascono dai conflitti che viviamo diventando adulti. Non sono così totalizzanti come le difese primarie, ma mirano a difendere un segmento più piccolo della struttura del soggetto. I meccanismi evoluti sono più adattivi e si sviluppano con l’esperienza.

Tra le difese secondarie più evolute abbiamo:

  • ascetismo
  • formazione reattiva
  • intellettualizzazione
  • razionalizzazione
  • rimozione
  • umorismo.

 

I meccanismi di difesa secondo altri autori

  • Melanie Klein ha merito di aver approfondito soprattutto i meccanismi di difesa primitivi, tra cui il concetto di identificazione proiettiva: si tratta di una complessa strategia difensiva primitiva.
    Secondo l’autrice, i meccanismi di difesa hanno un’ulteriore funzione: quella di dare una struttura alla nostra vita psichica e alla nostra personalità.
  • John Bowlby si concentrò sugli aspetti relazionali e ambientali nella genesi dei meccanismi di difesa, di cui sottolinea la funzione di organizzatori del comportamento.
  • Otto Kernberg associa dei meccanismi di difesa caratteristici ad uno specifico livello di organizzazione della personalità (nevrotica – borderline – psicotica): le difese primitive sono caratteristiche della struttura psicotica mentre quelle di alto livello sono associate alle personalità nevrotiche. La sua sistematizzazione è stata ripresa magistralmente da Nancy Mc Williams.
  •  Secondo Heinz Kohut, le difese, che si sviluppano sin dalla prima infanzia, hanno la funzione di proteggere la fragilità del Sé dalle delusioni e dai fallimenti empatici con le figure affettive di riferimento.

 

Come nascono i meccanismi di difesa e che ruolo hanno?

I meccanismi di difesa contribuiscono, durante la nostra evoluzione infantile, a strutturare e ad organizzare la personalità: si tratta di una funzione fondamentale di adattamento. Le difese si formano nella nostra infanzia per proteggerci dalla realtà interna ed esterna quando è troppo intensa. Nel tempo, diventano rappresentanti del modo in cui ci relazioniamo con il mondo.

Una definizione consensuale dei processi di difesa unisce quindi due aspetti:

  • il modo in cui ci difendiamo dai conflitti;
  • le strategie di coping necessarie per un efficace adattamento alla realtà esterna durante la nostra interazione con il mondo,
  • superando così una concezione strettamente psicopatologica dei meccanismi di difesa.

I meccanismi di difesa ci accompagnano lungo tutte le fasi della nostra vita. Come ho imparato da uno dei miei Maestri, le nostre difese vanno onorate, poiché svolgono una funzione protettiva fondamentale. Ci consentono di affrontare quello che ci capita, internamente ed esternamente, nel migliore modo per noi possibile.

 

Sintomi Psicologici e Meccanismi di Difesa: Una Connessione Profonda

Rispetto alla connessione tra psicopatologia dei processi difensivi, occorre considerare diverse variabili come:

  • la rigidità e l’intensità delle difese stesse,
  • la loro ampiezza e generalizzazione,
  • il livello di distorsione della realtà e il contesto e la fase di sviluppo in cui vengono messe in atto, e
  • il grado di l’interferenza con la vita del soggetto,
  • oltre alla distinzione tra meccanismi di difesa e strategie di adattamento e coping.

 

Sintomi e Meccanismi di Difesa

Ad esempio, di fronte alla diagnosi di una grave malattia o alla notizia di un grave lutto, strategie primitive come il diniego e la negazione, se transitorie, sono assolutamente fisiologiche. I meccanismi di difesa non vanno quindi intesi come patologici a prescindere. 

Va detto anche che i sintomi psicologici e i meccanismi di difesa sono strettamente collegati. La sintomatologia può essere infatti legata ad un utilizzo intensivo e massiccio di una certa difesa, dalla sua flessibilità o rigidità o pervasività indipendentemente dall’evento o dal contesto.

Inoltre, le difese non sono irreversibili e possono cambiare nel corso del tempo, o anche in seguito a una buona psicoterapia. Esplorare in terapia questa interconnessione tra meccanismi di difesa e sintomi psicologici ci permette di acquisire una visione più completa e dettagliata del funzionamento della mente umana, aprendo la strada a un trattamento più completo ed efficace.

 

I meccanismi di difesa sono egosintonici o egodistonici?

Egosintonico significa “essere in sintonia” con il proprio Io e con la propria immagine di sé. I meccanismi di difesa servono proprio a questo: a non percepire un conflitto interno o un contrasto con la propria identità.

I meccanismi di difesa possono diventare egodistonici quando producono sofferenza o un sintomo doloroso: generalmente, questo accade quando sono eccessivamente inflessibili e pervasivi. E, generalmente, sono tanto rigidi quanto ce n’è stato bisogno.

 


CONCLUSIONI:

 

I meccanismi di difesa sono una parte integrante della nostra psiche: ci  aiutano a gestire le piccole e grandi sfide emotive che la vita ci presenta. Comprendere e riconoscere questi meccanismi all’interno di un percorso di psicoterapia può fornire preziose informazioni sul nostro funzionamento, su come gestiamo abitualmente il rapporto con il mondo esterno e con le altre persone, e su come possiamo migliorare le nostre strategie di adattamento.

Una psicoterapia approfondita e ben condotta può risolvere conflitti e traumi, e di conseguenza alleggerire il proprio sistema difensivo verso strategie più evolute e sostenibili, aiutando la persona a “digerire” ciò che della propria vita non è ancora stato elaborato e quindi ad integrarlo nella propria esperienza in maniera adattiva. Riconoscere la connessione tra difese e sintomi, e comprendere ciò che si nasconde dietro ad essi, è cruciale per una terapia efficace, poiché permette di affrontare le proprie sofferenze alla radice, comprendendo i meccanismi che le sostengono.


Principali meccanismi di difesa:

 

ACTING OUT

Affrontare stress ed esprimere conflitti attraverso agiti ed azioni, non precedute da riflessione, in maniera incontrollata, senza preoccuparsi delle possibili conseguenze negative.

ESEMPIO: uno studente arrabbiato per un voto ritenuto ingiusto scaglia un libro contro il docente.


AGGRESSIVITÀ PASSIVA

Un atteggiamento di facciata compiacente e gentile nasconde risentimento, ostilità e aggressività che viene espressa verso l’altro in modo sottile e indiretto.


ALTRUISMO o PSEUDOALTRUISMO

Attraverso la dedizione e la cura nei confronti dei bisogni del prossimo, il soggetto gestisce i propri conflitti e fattori stressanti, soddisfacendo in parte i propri bisogni e gratificandosi così parzialmente.


ANNULLAMENTO RETROATTIVO

Si mette in atto un’azione per annullare “magicamente” o riparare un precedente comportamento, pensiero o sentimento inaccettabile e opposto. Il conflitto si risolve.

ESEMPIO: un professore si sente in colpa per aver somministrato un esame scritto troppo difficile e trova sollievo nel distribuire voti più positivi di quanto aveva precedentemente pianificato.
È una strategia che ritroviamo nella superstizione o nella compulsione al lavaggio nella sintomatologia ossessiva.


ANTICIPAZIONE

Consiste nell’anticipare mentalmente le conseguenze di eventi futuri negativi, prevedendo soluzioni o alternative.


ASCETISMO

Speculazione filosofica, intellettuale religiosa, ideologica e ritiro nel mondo interiore. Serve in adolescenza a fronteggiare e a modulare le spinte pulsionali caratteristiche di quella fase. 


CONDENSAZIONE

Fusione di due aspetti di oggetti, situazioni o rappresentazioni diverse in una terza.

ESEMPIO: meccanismo di costruzione degli elementi del sogno: “sono in una casa che mi ricorda quella della mia infanzia, ma eravamo in un’altra città“.


DINIEGO

Rifiutarsi di riconoscere aspetti dolorosi della realtà esterna, anche quando sono chiari ed evidenti. È una forma più radicale e primitiva di negazione*. Si ritiene davvero che gli eventi denegati non siano mai accaduti.


DISSOCIAZIONE

Separazione tra elementi della propria esperienza, spesso come meccanismo di sopravvivenza in situazioni di trauma o stress elevato. Può esserci un’associazione con uno stato alterato della coscienza.

ESEMPIO: il disturbo dissociativo dell’identità noto come “personalità multiple”.


EVITAMENTO

Meccanismo di difesa che mira a schivare situazioni o oggetti ansiogeni. Si ritrova per esempio nelle fobie o nel disturbo da attacchi di panico.

ESEMPIO: Sto attraversando un momento doloroso perché ho difficoltà a rimanere incinta. Una mia cara amica ha appena avuto un bambino: procrastino l’andare a trovarla perché temo di stare male.


FORMAZIONE REATTIVA

Convertire impulsi inaccettabili e sostituirli con il loro opposto. Ciò garantisce al soggetto di conservare un’immagine positiva di sé.

ESEMPIO: comportarsi in maniera esageratamente gentile e quindi socialmente accettabile con qualcuno che si detesta.
Essere eccessivamente puliti e ordinati può celare il desiderio di essere aggressivi e di sporcare.


IDEALIZZAZIONE

Attribuire qualità esageratamente positive a qualcosa o a qualcuno. Si proietta sull’altro una perfezione inesistente.

ESEMPIO: L’innamoramento è una fase (però fisiologica) di idealizzazione.


IDENTIFICAZIONE

Assunzione delle caratteristiche o dei tratti di un’altra persona che si stima o che si ama, spesso come modo di ottenere un senso di sicurezza o di appartenenza. Ci si identifica per esempio nell’infanzia con i propri genitori, con un ideale o con un gruppo. È anche un meccanismo fondamentale per la costruzione della propria identità e personalità.


IDENTIFICAZIONE CON L’AGGRESSORE

identificazione con l'aggressoreAssumere il comportamento del proprio aggressore (per esempio di un genitore maltrattante) per difendersi dall’angoscia causata dalla propria vulnerabilità.

ESEMPIO: un bambino a scuola cerca di dominare la propria angoscia di fronte ad un maestro severo con delle smorfie che mimano il suo volto arrabbiato.
Una bambina si protegge dalla paura del buio  fingendo di essere lei stessa un fantasma.


IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA

Si attribuiscono all’esterno (si proiettano) erroneamente giudizi, pensieri, sentimenti inaccettabili su qualcun altro per poterli controllare. Come se fosse stata effettivamente l’altra persona a dare vita a tale impulso. Il risultato è che diventa difficile valutare chi ha iniziato il circolo vizioso. Il meccanismo di difesa presuppone un’operazione di scissione tra qualità buone e cattive.


INTELLETTUALIZZAZIONE

È un particolare tipo di razionalizzazione*. Si affrontano conflitti e stress attraverso il pensiero astratto o la cultura o la scienza per allontanare un sentimento disturbante.


INTROIEZIONE

Si introducono e assimilano dentro di sé le caratteristiche di un oggetto o di una persona, le si fanno proprie tanto da non riuscire più a distinguerne l’origine.

ESEMPIO: si tratta di un meccanismo fisiologico durante lo sviluppo infantile, quando si introiettano le caratteristiche delle figure genitoriali (con le regole e i valori che ci impartiscono) per costruire la propria struttura psichica.
Si ritrova questa difesa anche nel meccanismo di identificazione con l’aggressore*.


IPOCONDRIASI

Lamentarsi ma rifiutare l’aiuto offerto.


ISOLAMENTO DELL’AFFETTO

Isolare le componenti emotive/affettive di un’esperienza sgradevole da quelle cognitive. Si perde il contatto con i sentimenti rimanendo consapevoli delle caratteristiche oggettive dell’evento. Coinvolge la separazione delle emozioni dal loro contesto originale, permettendo alla persona di affrontare un’esperienza emotiva in modo più distaccato.

ESEMPIO: mi ricordo tutti i dettagli di quell’incidente, ma non provo nulla.


NEGAZIONE

Rifiutare la accettare la realtà di una situazione, spesso per evitare il dolore emotivo associato.

ESEMPI: La negazione è una caratteristica fase, ad esempio, dell’elaborazione del lutto. Oppure, una persona che abbia ricevuto una diagnosi medica grave potrebbe rifiutarsi di accettare la realtà, affermando ad esempio che andrà tutto bene oppure che è probabile che le diagnosi fatte dal medico siano errate.
Ancora, vengo bocciato ad un esame importante e dico a tutti che non provo nulla, non sono amareggiato né deluso.


ONNIPOTENZA

Attribuire a se stessi dei superpoteri o capacità eccellenti, ritenendosi superiori agli altri. Tale difesa protegge da una scarsa autostima o mancanza di valore.


PROIEZIONE NEVROTICA

Si attribuiscono all’esterno (si proiettano) erroneamente giudizi, pensieri, sentimenti inaccettabili su un altro soggetto o sull’ambiente I propri impulsi inaccettabili vengono quindi percepiti come appartenenti ad un’altra persona. Tale difesa opera spesso a braccetto con la scissione.

ESEMPIO: una persona che si sente inadeguata potrebbe proiettare questa sensazione su un collega, sostenendo che è lui a sentirsi inadeguato.

La proiezione delirante, invece, è alla base della paranoia.


RAZIONALIZZAZIONE

Attraverso la razionalità si cercano spiegazioni rassicuranti, plausibili e utili per il soggetto, ma inesatte. È una forma di giustificazione di comportamenti o pensieri problematici in modo da renderli più accettabili, attribuendo ad essi delle motivazioni più razionali o logiche.

ESEMPIO: “ho detto una bugia/ho rubato una maglia nel negozio ma era per una giusta causa”.


REGRESSIONE

Si torna a modalità di comportamento e di funzionamento appartenenti ad uno stadio precedente dello sviluppo. Si tratta di un ritorno simbolico a momenti precedenti che sono stati siddisfacenti, per ottenere una gratificazione.
ESEMPIO: accade di frequente che, alla nascita di un fratello, il maggiore regredisca a comportamenti che aveva abbandonato (per esempio enuresi od encopresi).
Oppure, quando siamo ammalati, regrediamo fisiologicamente ad un funzionamento più infantile e vulnerabile che susciti nel partner una maggiore motivazione all’accudimento.


REPRESSIONE

Evitare intenzionalmente di pensare a problemi, esperienze, pensieri o sentimenti disturbanti. Si escludono dalla propria mente finché è arrivato il momento giusto per affrontarli.


RIMOZIONE

Vengono esclusi dalla coscienza desideri, pensieri o sentimenti disturbanti, pertanto non ce ne si ricorda o non se ne è consapevoli. È il meccanismo che si ritrova alla base delle nevrosi.

ESEMPIO: rimuovo l’impulso aggressivo di picchiare qualcuno, me ne dimentico e tramite uno spostamento* riverso quella rabbia infastidendomi per una piccolezza.
Oppure, si può rimuovere un’esperienza particolarmente traumatica come un abuso infantile eliminandolo dalla propria memoria cosciente: non mi ricordo più che è accaduto.


RIVOLGIMENTO CONTRO SE STESSI

Rivolgere contro se stessi una pulsione originariamente diretta all’esterno.


SCISSIONE

Si scindono stati affettivi positivi e negativi: non è possibile integrare in un’immagine unitaria e realistica le proprie e altrui qualità positive e negative. Si separano le opinioni buone e cattive di se stessi e degli altri, che vengono visti in maniera inconciliabile e alternata completamente buoni o completamente cattivi. Ciò permette di preservare le parti, esperienze o rappresentazioni positive di sé e degli oggetti. Questa difesa è considerata maladattiva.


SPOSTAMENTO

Indirizzare un sentimento su un altro oggetto (meno minaccioso o conflittuale) diverso da quello originario, che di solito possiede qualche somiglianza con esso o una relazione simbolica.

ESEMPIO: le fobie.


SUBLIMAZIONE

Incanalare i propri sentimenti dolorosi o inaccettabili in comportamenti o attività valutati positivamente a livello sociale. L’energia libidica viene così scaricata e soddisfatta, direzionandola verso scopi o attività più elevati. È considerato uno dei meccanismi di difesa più maturi.

ESEMPIO: l’attività sportiva o artistica. Scrivere una poesia d’amore dopo una delusione sentimentale.

A questo link puoi leggere un articolo su un esempio di sublimazione attraverso la musica.


SVALUTAZIONE

Affrontare conflitti e stress attribuendo in maniera esagerata delle caratteristiche negative a sé o agli altri. Serve ad “abbassare” il valore degli altri per innalzare il proprio, e ha a che fare con questioni di autostima/narcisistiche.

ESEMPIO: un attore teatrale non riceve una standing ovation per quella che ritiene essere una magistrale interpretazione di Shakespeare. Pensa: “ecco lo sapevo! Questo pubblico non capisce nulla di quanto è grande Shakespeare!


UMORISMO

Mettere in rilievo gli aspetti buffi o divertenti dei conflitti o dei fattori stressanti, alleviando così la tensione. È considerato uno dei meccanismi di difesa più maturi. Serve anche ad esprimere contenuti sconvenienti “travestendoli” e bypassando così la censura.

 


FONTI e APPROFONDIMENTI sui MECCANISMI di DIFESA

Freud, Anna (1936) L’Io e i meccanismi di difesa

Lingiardi & Madeddu (1994) I meccanismi di difesa. Teoria, valutazione, clinica

McWilliams, Nancy (1994) La diagnosi psicoanalitica