Self Compassion: come imparare la gentilezza verso se stessi
Quello della self compassion è ormai un concetto c...
ATTACCHI DI PANICO:
sintomi, cause e cura dell’attacco di panico
Cosa sono gli attacchi di panico? Vediamo in questo articolo cos’è l’attacco di panico, come si manifesta, quali sono le cause e come è possibile trattare questo disturbo con la psicoterapia.
Per quanto sgradevole, intensa e penosa sia la sofferenza psicologica nel disturbo da attacchi di panico, è bene iniziare infatti ricordando che si tratta di un problema piuttosto comune che è possibile trattare con successo, con la giusta terapia.
Approfondiamo ora i vari aspetti dell’attacco di panico:
L’attacco di panico si può definire come un’ondata di intensa paura, ansia o malessere che si manifesta all’improvviso ed è accompagnato da sintomi fisici (dovuti all’attivazione del sistema nervoso simpatico) e/o emotivi. L’insorgenza – anche improvvisa – può avvenire sia a partire da uno stato di calma, sia da uno stato ansioso. Il suo picco massimo viene raggiunto in pochi minuti (circa dieci).
Il disturbo di panico presuppone frequenti attacchi di panico che causano un’ intensa ed eccessiva preoccupazione per attacchi futuri e/o modifiche del comportamento finalizzate ad evitare le situazioni potenzialmente rischiose che potrebbero innescare una crisi.
Si ha paura o terrore, ma non si sa bene di cosa. Chi ha provato gli attacchi di panico li descrive spesso come un’esperienza terribile ed estenuante, dove si sperimenta la sensazione di impazzire, associata ad un senso di catastrofe o morte imminente. Si tratta quindi di sensazioni molto intense e spesso invalidanti.
Il Disturbo di Panico può essere diagnosticato solo dopo aver escluso la presenza di altri disturbi organici e solo se i sintomi manifestati corrispondono ai criteri diagnostici stabiliti dal DSM-5.
Secondo il DSM-5, il disturbo di panico rientra nella categoria dei Disturbi d’Ansia. I pazienti manifestano più attacchi di panico improvvisi e inaspettati (almeno due, anche se in genere sono molti di più): gli attacchi sembrano presentarsi come un fulmine a ciel sereno. In genere, gli attacchi di panico “attesi” si verificano invece quando c’è un segnale o un trigger evidente che li scatena.
Uno o più attacchi di panico sono seguiti da una o entrambe le condizioni di seguito riportate per un periodo uguale o superiore ad un mese:
Secondo il DSM-5, la diagnosi di disturbo di panico è possibile se sono presenti almeno quattro dei seguenti sintomi:
Se compaiono meno di quattro sintomi l’attacco viene definito paucisintomatico: si manifesta soltanto una parte dei sintomi del panico, senza che generi un vero attacco.
Il disagio generato è spesso accompagnato da sintomi depressivi, così come da vissuti di vergogna e dal timore del giudizio: si teme che il malessere sia percepito dalle altre persone favorendo un’ immagine di sé “debole”.
Poiché i sintomi interessano molti organi vitali e dato che, durante un attacco di panico, la persona ha difficoltà a pensare lucidamente, si preoccupa spesso di essere affetta da gravi patologie cardiache, polmonari o cerebrali. Per tale motivo, le persone si rivolgono, comprensibilmente e ripetutamente, al medico di base o al pronto soccorso (“Avrò un infarto”, “Ora svengo”, “Morirò”). Sebbene gli stati di panico siano talvolta molto fastidiosi, spesso insopportabili, non sono tuttavia pericolosi.
Ricordiamo però che, prima di fare una diagnosi di Disturbo di Panico, è opportuno che vengono escluse cause o patologie mediche.
Sfortunatamente, spesso anche una rassicurazione di tipo medico riguardo all’esclusione di problemi o rischi organici, non tranquillizza il soggetto e non riesce a placare le preoccupazioni inerenti le crisi di panico.
Gli attacchi di panico possono manifestarsi nell’ambito di qualsiasi disturbo d’ansia, così come insieme ad altri disturbi psicologici o psichiatrici (ad esempio, la depressione).
Alcuni stati di panico si presentano in risposta ad una specifica situazione o condizione (ad esempio, nelle fobie specifiche, l’oggetto fobico può costituire uno stimolo in grado di provocare un attacco di panico). In altri casi, l’attacco di panico insorge senza una causa scatenante apparente.
Il primo attacco di panico improvviso è generalmente inaspettato, ossia compare come un fulmine “a ciel sereno”: talvolta quando l’individuo si sta rilassando o addirittura durante il sonno (attacchi di panico notturni); il soggetto si spaventa terribilmente e, spesso, ricorre al pronto soccorso. Poi possono divenire più prevedibili e/o frequenti.
A seconda dell’intensità dei sintomi, le crisi di panico possono presentarsi lievi (piccoli attacchi di panico) o forti (intensi, travolgenti e soverchianti).
L’attacco di panico ha un inizio improvviso, raggiunge rapidamente l’apice (di solito entro 10 minuti o meno) e dura circa 20 minuti (ma a volte molto meno o di più). Durante questo intervallo di tempo i livelli di ansia sono molto forti e l’individuo è convinto che sia a rischio la propria incolumità. Per questa ragione, le persone che ne soffrono, devono ricordare che la crisi, per quanto terribile, rientrerà (in tempi spesso brevi).
La frequenza con cui si presentano i sintomi del panico determina, in genere, la gravità del disturbo e può variare notevolmente. Alcuni soggetti presentano, infatti, crisi di panico continui ogni settimana, o addirittura ogni giorno per mesi, mentre altri manifestano numerosi episodi quotidiani, seguiti da settimane o mesi di remissione o con attacchi meno frequenti (ad esempio, due ogni mese) per anni.
L’attacco di panico va spontaneamente in remissione: i sintomi infatti dopo circa una ventina di minuti si dissolvono lasciando il soggetto in uno stato di profondo smarrimento e agitazione, stanchezza e spossatezza.
I soggetti con Disturbo di Panico mostrano successivamente caratteristici pensieri o preoccupazioni sulle conseguenze degli stati di panico. Vediamo quali sono:
A seguito del primo attacco di panico improvviso, vissuto come un’esperienza terribile e inaspettata, si apprende ad avere “paura della paura” sviluppando una ansia anticipatoria di fronte alla possibilità di affrontare situazioni temute o rispetto all’eventualità di avere un altro attacco: è questo elemento che può sfociare in un vero e proprio circolo vizioso che alimenta il sintomo:
Il paziente si trova presto coinvolto in un circolo vizioso, noto anche come “circolo di Clark“. Percepisce alcune sensazioni corporee o mentali, legate all’attivazione fisiologica e adrenergica (e di per sé innocue) come molto pericolose, dandone un’interpretazione catastrofica (ad esempio, segno di morte o di pazzia, di un attacco cardiaco, etc.).
L’interpretazione catastrofica può riguardare sensazioni fisiche e mentali inoffensive: esse sono spesso derivate non solo dall’ansia ma anche da altre emozioni o da stimoli di altra natura (caffeina, stanchezza, etc.). Tutto ciò può portare la persona ad allarmarsi ulteriormente, contribuendo ad incrementare l’intensità dell’ansia e delle sensazioni temute fino a culminare in un vero e proprio attacco di panico.
L’ansia anticipatoria è alla base dell’evitamento. Le persone con attacchi di panico evitano tutte le situazioni che ritengono possano causare loro una crisi, ad esempio:
Cercano quindi di mantenersi all’interno della propria zona di comfort (alcuni pazienti lo chiamano “il mio circolino“), incorrendo nel rischio di ridurre progressivamente la propria autonomia personale. L’evitamento può essere associato anche alla procrastinazione, ovvero la tendenza a rimandare le attività che generano ansia.
Le condotte di evitamento possono causare una vera e propria Agorafobia, in tal caso viene diagnosticato il Disturbo di Panico con Agorafobia.
L’Agorafobia è un disturbo d’ansia che si ritrova nel DSM-5: viene definita come la paura di trovarsi in luoghi o in situazioni dai quali può essere difficile (o imbarazzante) allontanarsi, o nei quali può non essere disponibile aiuto in caso di un improvviso attacco di panico.
(ad esempio:
Una delle conseguenze rischiose dell’Agorafobia è quella di limitare l’autonomia e rinunciare ad attività piacevoli e gratificanti a causa della paura.
Talvolta si usano indistintamente i termini Attacco di Panico e attacco d’ansia, anche se si tratta di due situazioni diverse pur facendo parte della stessa “famiglia” di sintomi psicologici. Per diagnosticare un Attacco di Panico devono presentarsi almeno quattro dei sintomi indicati nel DSM-5, seguiti da una o entrambe le condizioni elencate precedentemente (vedi paragrafo “Diagnosi”).
Al contrario, gli attacchi di ansia non sono specificatamente definiti come diagnosi nel DSM-5, dunque il termine va interpretato all’interno della soggettività dell’individuo. In linea di massima, l’apice dei sintomi che derivano dall’essere in uno stato di ansia (ad esempio, aumento della frequenza cardiaca, fiato corto, senso di irrequietezza, difficoltà di concentrazione, ecc.) può sembrare un “attacco”, ma i sintomi sono meno intensi rispetto a quelli esperiti durante il picco di un Attacco di Panico: esso è riconoscibile e non lascia dubbi proprio per la sua intensità.
Perché vengono gli attacchi di panico? Da cosa sono causati?
Rispetto alle cause, vi sono fattori genetici e ambientali che possono contribuire alla costituzione di una sorta di vulnerabilità all’ansia.
In tutti questi casi, una buona psicoterapia potrà ricostruire l’importanza e il ruolo di tutti questi fattori.
Se non abbiamo acquisito infatti le capacità di far fronte alle difficoltà o se ci siamo convinti di non esserne in grado, lo stress che possiamo incontrare in determinate fasi di vita può sembrare intollerabile. Ecco allora che alcuni fattori stressanti possono fungere da catalizzatore, costituendo dei fattori di rischio o precipitanti per lo sviluppo di un attacco di panico.
Tra i fattori stressanti troviamo:
Questi fattori possono diventare quindi eventi scatenanti, o fattori precipitanti per l’insorgere di un disturbo da attacchi di panico.
Esiste, naturalmente, anche l’attacco di panico da stress, ovvero quando la causa della crisi di panico è lo stress stesso: per esempio sul lavoro, quando le incombenze e la pressione sembrano insormontabili e soverchianti.
A complicare ulteriormente il circolo vizioso, dopo il primo attacco, vi sono dei fattori che mantengono e alimentano il problema: si tratta di strategie che, sebbene producano un sollievo nell’immediato, sortiscono nel tempo l’effetto opposto, ossia frenano l’evoluzione e ostacolano la guarigione, come se si provasse a spegnere un fuoco con la benzina.
I principali fattori di mantenimento sono:
Queste strategie, che risolvono il problema nell’immediato, contribuiscono però a ridurre progressivamente il campo di azione, e la zona di comfort può diventare sempre più ristretta.
Un fattore particolare è l’attenzione selettiva che mantiene il circolo vizioso attraverso una errata conferma delle interpretazioni catastrofiche. Prestare attenzione a tutti i possibili segnali corporei che potrebbero scatenare l’attacco di panico porterà ad un abbassamento della soglia sensoriale e il soggetto le percepirà più facilmente e più intensamente. La persona le interpreta quindi un’amplificazione della sensazione, invece che come un effetto del fatto che ci si stia ponendo attenzione.
Il trattamento dei disturbi di panico può avvalersi di un approccio terapeutico integrato che prevede interventi psicoterapici e farmacologici. Il tipo di trattamento può dipendere dalla gravità e dalla frequenza delle crisi di panico, oltre che dalla risposta del paziente alla terapia stessa. Il paziente risponde meglio alla terapia se comprende che il disturbo coinvolge meccanismi sia psicologici, sia fisici.
Il trattamento farmacologico può aiutare a prevenire o depotenziare i sintomi degli stati di panico. Tuttavia, senza la psicoterapia, i farmaci non possono agire sulle cause degli stati di panico. (Questo aspetto è fondamentale per aiutare le persone anche a preoccuparsi meno per le crisi future o a smettere di evitare le situazioni temute che causano gli attacchi di panico.)
La cura farmacologica dei sintomi degli attacchi di panico si basa fondamentalmente su due classi di farmaci: ansiolitici e antidepressivi, spesso impiegati in associazione.
N.B.: per la cura farmacologica dei sintomi degli attacchi di panico è necessario rivolgersi ad un medico che li prescriva, meglio se psichiatra o neurologo. L’autosomministrazione (fai da te) è assolutamente da evitare.
La psicoterapia è un elemento imprescindibile per la cura degli stati di panico. Sono efficaci diversi tipi di psicoterapia. In alcuni casi, il sintomo può avere una risoluzione in tempi brevi. In altri casi, sarà necessario un percorso ben più lungo, poiché l’attacco di panico può avere radici psicologiche molto profonde nella storia dell’individuo. Il fattore sempre importante è che con il terapeuta si costruisca un rapporto di fiducia e di alleanza per lavorare bene insieme verso il raggiungimento degli obiettivi.
L’approccio psicoanalitico mira a comprendere ed affrontare le cause e gli elementi storici che hanno reso vulnerabile il soggetto. I sintomi degli attacchi di panico vengono concepiti come la manifestazione complessa di un malessere più ampio e ciò permette di affrontare il problema comprendendolo sotto diversi aspetti: significato, radici inconsce, ostacoli che ne impediscono la risoluzione.
L’obiettivo è quello di riorganizzare la propria vita interiore in modo più soddisfacente e armonico, favorendo l’elaborazione delle cause più profonde dei conflitti. Questo permette al paziente di sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e degli altri nelle relazioni significative della propria vita.
Non si tratta quindi di “eliminare il sintomo” come talvolta le persone sperano. A differenza dell’approccio puramente medico, è fondamentale invece di ascoltare i sintomi degli attacchi di panico per capire cosa stanno cercando di comunicare:
Si tratta naturalmente di domande scomode e talvolta difficili da porsi. Il sintomo però vuole essere ascoltato, e ce lo comunica talvolta con violenza, come avviene negli attacchi di panico. Cercare di eliminarlo senza attribuirgli un senso e una ragion d’essere non è l’approccio più efficace! Si rischia infatti che esca dalla porta e rientri dalla finestra sotto altre forme.
Lo psicoterapeuta potrà accompagnare il paziente verso un percorso, spesso affascinante e straordinariamente avvincente, di conoscenza di sé. L’obiettivo sarà quello di raggiungere un nuovo equilibrio, una maggiore consapevolezza del proprio funzionamento, e di conseguenza una vita libera da sintomi.
La psicoterapia EMDR lavora in maniera molto efficace per rielaborare gli eventi di vita che stanno alla base dei sintomi psicologici. Può trattarsi di eventi negativi o traumatici del passato, anche remoto, che ci hanno resi più vulnerabili. Con EMDR è possibile inoltre rielaborare efficacemente i fattori che sono stati precipitanti o scatenanti per l’esordio del sintomo. I ricordi di questi eventi non vengono dimenticati o cancellati, ma vengono integrati nell’identità e nella storia del soggetto in modo che non siano più disturbanti e che non producano effetti sul presente. Se sei alla ricerca di un terapeuta EMDR Milano, puoi consultare la pagina linkata.
Tra gli obiettivi della psicoterapia cognitivo – comportamentale vi è quello di modificare le credenze patogene e i pensieri catastrofici automatici (ad es., mi verrà un infarto, sverrò, etc.), così come i comportamenti problematici che mantengono il disturbo, in primis contrastare la tendenza ad evitare le situazioni temute e limitare altri comportamenti disfunzionali di ricerca di sicurezza.
Al fine di raggiungere tali obiettivi, si avvale di diverse tecniche:
Spero che la lettura di questo articolo sull’attacco di panico Ti sia stata utile. Se sei alla ricerca di una psicoterapia per gli attacchi di panico, puoi contattare la Dott.ssa Chiara Venturi, Psicologa Milano Psicoterapeuta, esperta nel metodo psicoanalitico e nella terapia EMDR.
Puoi contattarmi attraverso l’apposito form contatti, per avere maggiori informazioni o per richiedere un primo appuntamento.
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