Psicoterapia, psicoanalisi, EMDR
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Il sintomo psicologico e il suo significato

uomo stilizzato con sintomo di sofferenza psicologica

Il sintomo psicologico e il suo significato

L’accesso alla psicoterapia avviene nella maggior parte dei casi quando un sintomo irrompe o si acuisce nella storia del soggetto, creando sofferenza e disagio.

È più raro che i pazienti (analizzandi, clienti…) si rivolgano alla psicoterapia mossi da un mero interesse intellettuale (ciò accade, eventualmente, quando si tratta di uno psicoterapeuta in formazione che, per accedere alla qualifica di psicoterapeuta, dovrebbe aver svolto una profonda analisi personale che lo porti a comprendere le proprie dinamiche intrapsichiche).

Si accede ad un lavoro psicologico su di sé, generalmente, quando si soffre.

Cos’è un sintomo psicologico?

Quando parliamo del corpo fisico, intendiamo il sintomo come un segnale con cui si manifesta uno stato di malattia (ad esempio la febbre). Questo segnale indica che c’è un malfunzionamento, un’infezione o altro che ha bisogno di essere curato per ripristinare un corretto funzionamento dell’organismo.
Quando parliamo di sintomi psicologici, la faccenda si complica. Spesso la richiesta è, comprensibilmente, quella di “togliere” il sintomo (“non la voglio più sentire quest’ansia, mi fa tanto soffrire”), ripristinando le condizioni psichiche precedenti alla sua comparsa. Ma i rapporti di causa-effetto sono meno lineari e la risoluzione non è così immediata. Una restitutio ad integrum spesso non è possibile poiché quando il soggetto incontra il proprio sintomo, è chiamato anche ad interrogarsi come esso abbia a che fare con la sua storia, con le esperienze che ha fatto e con la persona che è diventato/a.
Quando lo psicologo chiede informazioni sulla comparsa dei sintomi, si trova infatti spesso ad ascoltare una vera e propria narrazione: “Dottore, gli attacchi di panico sono iniziati a febbraio. Però in effetti anche l’anno precedente non mi sentivo troppo bene, e ricordo che da piccolo provavo qualcosa di simile quando mi portavano all’asilo. E ora che mi ci fa pensare, in effetti anche mio padre ha sofferto di attacchi di panico per un certo periodo…

Il sintomo in psicoanalisi

Secondo l’orientamento psicoanalitico, il sintomo è una formazione dell’inconscio che, a differenza dei sogni o dei lapsus, che sono manifestazioni limitate a un breve o brevissimo arco di tempo, irrompe – gradualmente o all’improvviso – nella vita del soggetto, e si installa in essa in maniera spesso duratura e continuativa, arrecando un disagio anche importante, o addirittura intollerabile. Quando il disagio, il disturbo e la limitazione della libertà della persona diventano invalidanti, il soggetto si rivolge al professionista.

La richiesta iniziale può essere, comprensibilmente, quella di “eliminare” il sintomo e di tornare al funzionamento psichico e sociale precedente, possibilmente nel più breve tempo possibile.

Come insorge il sintomo psicologico?

La comparsa del sintomo può essere improvvisa (gli attacchi di panico alla guida insorgono dopo un’incidente stradale) o più graduale (“Dottore, soffro di ansia da una vita!”).
Potremmo dire che ognuno di noi soffre “un po’” di ansia, può avere dei sentimenti depressivi per un certo periodo, può tendere a mangiare in eccesso nei momenti di stress o di tristezza. Quando queste manifestazioni diventano invalidanti o creano un disagio difficile da sopportare, occorre rivolgersi ad un professionista, psicoterapeuta o psichiatra.

LA COMPRENSIONE DEL SINTOMO

L’eliminazione del sintomo non può però prescindere da una comprensione profonda dello stesso. Come per il sintomo medico, anche le manifestazioni psichiche tendono a strutturarsi in pattern che ricorrono, e da cui deriviamo le cosiddette diagnosi (disturbi d’ansia, disturbi dell’umore, disturbi del comportamento alimentare…). Ma la stessa diagnosi non è mai identica da un soggetto all’altro e non risponde mai a rapporti univoci di causa-effetto. Questo accade perché ogni storia è unica, particolare e irripetibile, e le ragioni per cui un sintomo si è formato sono diverse in ognuno di noi, e vanno comprese all’interno della storia particolare della persona.

I soggetti che si rivolgono alla cura psicoterapeutica spesso non sanno che il sintomo rappresenta il migliore compromesso che la persona ha trovato a livello intrapsichico per venire a capo dei propri dilemmi interiori e relazionali. Freud, per esempio, sosteneva infatti che il sintomo è il risultato di un conflitto tra un desiderio inaccettabile e la relativa difesa, e che esso veicola un significato che è stato rimosso dalla coscienza del soggetto. Il lavoro dell’analista consiste quindi innanzitutto nell’aiutare il paziente a esplorare, recuperare, comprendere e decifrare questo significato criptato.

Come si cura un sintomo psicologico?

La cura psicofarmacologica può essere utile e talvolta necessaria per lenire i sintomi psicologici. Tuttavia, non si può prescindere dal contestualizzare l’insorgere degli stessi all’interno di una storia di vita, delle esperienze che ci hanno segnato, e del momento storico in cui la sofferenza si presenta. Lo psicoterapeuta, dopo un’accurata anamnesi o valutazione iniziale, potrà indicare il percorso di cura più adeguato.

Gli approcci che mirano a una rapida risoluzione del sintomo, come ad esempio la cura farmacologica, possono essere utilissimi e talvolta necessari, ma rischiano, se non accompagnati da una psicoterapia, di non essere sufficienti, e di consentire al sintomo di “rientrare dalla finestra” sotto altre forme.

LA CURA

Il sintomo dice quindi qualcosa del soggetto, della sua storia, delle difficoltà che egli ha incontrato nella sua evoluzione all’interno delle relazioni importanti della sua vita. La profonda comprensione del sintomo risponde allora anzitutto a un mandato etico: il sintomo, in quanto espressione dell’inconscioporta un messaggio che va ascoltato, non va ignorato o eliminato con leggerezza.

Il sintomo “parla”

Il mondo intrapsichico del soggetto ha qualcosa da dire, da comunicare, ed è doveroso, per il paziente e per il terapeuta, mettersi in rispettoso ascolto di questo profondo significato che vuole “parlare”. Nel sintomo è contenuta la verità più profonda e autentica del soggetto.

Il secondo aspetto è se vogliamo più “pratico”: solo attraverso una profonda comprensione e interpretazione si potrà accedere alle cause, alle radici e alle origini del sintomo stesso. Il sintomo tenderà a sfuggire, a non lasciarsi prendere, il suo significato tenderà a nascondersi, a camuffarsi. Questo percorso richiede un paziente lavoro, condiviso tra paziente e analista, di ascolto e di interpretazione all’interno di una relazione di fiducia, per svelare ciò che il sintomo tende a celare, recuperandone il significato originario.

Per queste ragioni la cura analitica del sintomo non coincide con quella medica: in termini medici, il soggetto si considererà guarito quando il sintomo è scomparso. In termini analitici, si potrà giungere alla guarigione, e permettere così alla persona di abbandonare il suo sintomo, solo attraversando una profonda e consapevole comprensione di un enigma, che porterà il soggetto ad affrontare la realtà e il suo mondo con strumenti più adattivi e meno patologici.

Come funziona la psicoterapia?

La psicoterapia non mira semplicemente a “eliminare” il sintomo, ma cerca di comprenderne i significati, interpretandoli alla luce della narrazione del soggetto, dei fattori di rischio e protettivi che ha incontrato nella sua vita, delle relazioni in cui è stato immerso.
La psicoanalisi, per esempio, ci insegna che il sintomo spesso rappresenta il modo particolare che il soggetto ha trovato per raggiungere un equilibrio, all’interno della propria storia, con le sue esperienze e i suoi conflitti. I sintomi a volte proteggono da sofferenze o da situazioni che sarebbero ancora più difficili e complesse. Se il sintomo sparisse, ma il conflitto sottostante rimanesse attivo, avremmo fatto solo una piccolissima parte del lavoro.

La cura per due individui con lo stesso sintomo non sarà infatti identica, poiché nello sviluppo dei sintomi psicologici non c’è una relazione deterministica di causa-effetto, ma se mai un’eziologia multifattoriale. La complessità consiste inoltre nel fatto che parte delle informazioni e del materiale che ha contribuito a costruire il disagio è in parte rimossa, dimenticata, allontanata dalla coscienza.
Il sintomo non vuole essere “mandato via”, ma chiede di essere accolto e ascoltato, all’interno di una relazione di fiducia e di comprensione.


Qui provo a rispondere alla domanda: Quanto dura una psicoterapia?