Ansia e depressione post partum: un approccio osteopatico

Ansia e depressione post partum: approccio osteopatico

Ansia e depressione post partum: un approccio osteopatico

Di ansia e depressione non si occupano solo il medico o lo psicoterapeuta. Nel 2019, una brillante laureanda in Osteopatia (Paola Gottardo, oggi D.O. e MSc) ha pubblicato un interessante lavoro sperimentale, di cui ho avuto il piacere di essere relatrice metodologica, sull’ansia e la depressione post partum.

La tesi è stata premiata come miglior pubblicazione dell’anno presso l’European Institute of Osteopathic Medicine, e come miglior lavoro italiano a Berlino nella rispettiva sessione di laurea dalla Osteopathie Schule Deutschland, accreditata presso la Dresden International University, che ha certificato il percorso di studi.

La candidata ha utilizzato l’osteopatia craniale (drenaggio dei seni e Pandura) e l’osteopatia fasciale (tecniche sui cinque diaframmi) per trattare e quindi con l’obiettivo di alleviare una condizione di sintomatologia ansioso depressiva presente in un campione di 59 neo mamme.

 

Background

Ansia e depressione sono da sempre considerate malattie in stretta relazione tra loro e costituiscono la complicanza della gravidanza più sottovalutata. Si tratta di problematiche molto comuni in questo particolare periodo della vita di una donna e, se non trattate, possono creare difficoltà anche importanti nel rapporto madre-bambino e nell’intero nucleo familiare. I sintomi che compaiono in questo periodo sono frequentemente sottovalutati e trascurati sia dalle pazienti, sia talvolta dai clinici.

La sintomatologia depressiva

Nel mondo occidentale, si stima che la depressione post partum colpisca circa il 10-15% delle puerpere. Solo la metà delle donne in gravidanza che presentano sintomi depressivi richiede un intervento medico e fino al 50% dei casi di depressione nel post partum (DPP) restano non diagnosticati. Nella maggioranza dei casi l’episodio di DPP ha una durata di 3-6 mesi ma nel 25-30% dei casi persiste ad un anno di distanza dall’esordio. Il DSM-V riconosce la DPP come un sottotipo della depressione maggiore definendo la depressione perinatale come un episodio depressivo con gravità da moderata a grave che inizia durante la gravidanza o entro le quattro settimane dopo il parto. Non si tratta di una malattia omogenea: variano il tempo di esordio, la gravità, i sintomi, il livello di gravità e il decorso.

Le manifestazioni cliniche DPP includono l’incapacità di dormire o il dormire molto, sbalzi d’umore, alterazione dell’appetito, paura di farsi male, preoccupazione estrema e preoccupazione per il bambino, tristezza o pianto eccessivo, incertezza, senso di colpa e impotenza, sensazioni di vuoto, difficoltà di concentrazione, ritiro sociale, perdita di interesse per le attività abituali e anche pensieri ricorrenti di morte.

La sintomatologia ansiosa

Nel post partum è ancor meno considerata e spesso sottovalutata. I disturbi d’ansia sono più comuni nelle donne dopo il parto che nella popolazione generale. L’ansia è inoltre un importante predittore di depressione post-partum.

Le ansie possono identificarsi con le più svariate paure quali tocofobia (paura patologica del parto), crisi sul ruolo genitoriale, incapacità di prendersi cura del figlio, paura di avere un figlio anormale o di essere una madre giudicata incapace fino alla presenza di un vero e proprio disturbo ossessivo-compulsivo e disturbo d’ansia generalizzato.

 

Metodi

59 donne (età media = 31,8 anni, ± 4,9 SD) con sintomatologia ansiosa e depressiva post partum sono state arruolate in un trial clinico randomizzato: 20 pazienti sono state assegnate al gruppo sperimentale  e sottoposte a cinque trattamenti osteopatici craniali (drenaggio dei seni e Pandura), 20 pazienti al gruppo sperimentale e sottoposte a cinque trattamenti fasciali (tecniche sui cinque diaframmi), 19 nel gruppo di controllo non hanno ricevuto alcun trattamento. Prima (T1) e dopo (T2) i trattamenti tutti i soggetti sono stati valutati tramite EPDS (Edimburgh Postnatal Depression Scale)  per la sintomatologia depressiva e STAI test per l’ansia di stato (State Trate Anxiety Inventory).

 

Risultati

I valori medi dei punteggi EPDS e STAI diminuiscono da T1 a T2 in modo statisticamente significativo in tutti e tre i gruppi (EPDS: F(1, 56) = 271,70; p< .001; (STAI: F(1, 56) = 61,51; p< .001). Il valore medio dei punteggi di EPDS è diminuito in modo significativo da 11,75 a 3,95 punti nel gruppo diaframmi, rispetto al gruppo controllo (F(2, 56) = 10,14; p< .001) mentre il valore medio dei punteggi STAI è significativamente diminuito da 49,9 a 34,4 punti per il gruppo craniale, rispetto al gruppo controllo (F(2, 56) = 6,81; p< .001). Secondo le variabili categoriali in T2, il numero di persone che supera il cut-off clinico non si differenzia in modo statisticamente significativo all’interno dei tre gruppi. Un effetto significativo emerge però se si guarda al cambiamento nei punteggi EPDS, secondo i criteri di Matthey: il numero di casi di peggioramento/no effetto tra T1 e T2 era significativamente maggiore nel gruppo di controllo rispetto ai gruppi diaframma e craniale (Chi2=15,82; df=2; p<.001).

 

Conclusioni

Le tecniche osteopatiche craniali sembrano migliorare la sintomatologia ansiosa post-partum mentre quelle fasciali sembrano migliorare la sintomatologia depressiva.

Questa tesi sperimentale propone un approccio osteopatico incoraggiante per il miglioramento della sintomatologia ansioso-depressiva nel post partum, con possibili applicazioni anche per la prevenzione e per il monitoraggio del benessere delle neomamme, rappresentando così una possibilità di integrazione con approcci più tradizionali come la psicoterapia o interventi psico-sociali, la farmacologia, e le visite domiciliari da parte di ostetriche e infermieri.

Tuttavia, sono necessari ulteriori studi su un campione più ampio per raccogliere ulteriori prove sull’efficacia dei trattamenti osteopatici. Da indagare in maniera più approfondita anche i possibili benefici riconducibili all’effetto placebo della presa in carico per la cura, per discriminarli dagli effetti del trattamento stesso.