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Le domande di Natale - di Luigi Nacci Ti capita mai, nelle sere di dicembre, dentro il soggiorno poco illuminato, di avere paura? Paura che rimanga poco tempo, che il buio ingoierà ogni cosa, che ingoierà anche te, che i propositi per l’anno nuovo non facciano la fine dei propositi dell’anno passato? Ti capita di avere paura che arrivino i giorni delle feste, che i parenti durante i pasti senza fine, tra una portata e l’altra, ti dicano che sei invecchiato, e che quella vecchiaia ad un tratto tu te la senta addosso, come un vestito che non può essere tolto? Ti capita di avere paura che arrivi il primo giorno di gennaio, e poi tutti i giorni di gennaio, e tutti i giorni dei mesi successivi, che tutti quei giorni futuri ti sembrino più di quelli sanciti dal calendario, una schiera inaffrontabile di giorni, un esercito imbattibile? E non ti capita, anche, di pensare che di tutte queste paure – unite alla paura della scomparsa dei tuoi cari e alla paura (impensabile) della tua scomparsa – non si parli mai? In televisione, per radio, su Facebook, nelle strade pedonali dello shopping, nel bar dell’aperitivo, tutti a parlare del regalo da fare...

Cos'è la Sindrome del Natale, chiamata anche Christmas Blues, o Holiday Blues? Quali sono le implicazioni psicologiche delle feste natalizie? Scopriamolo in questo articolo. Il senso comune vuole che quello natalizio sia un momento molto atteso, preceduto da grandi preparativi e vissuto in un clima di trepidazione e di buoni sentimenti positivi. Proprio per questa ragione, le persone che si trovano invece a vivere l'attesa, e le festività stesse, con disagio, stress e ansia, oppure con inquietudine, irritabilità, sentimenti depressivi e ansiosi, possono sentirsi fuori luogo rispetto al clima di generale eccitazione e contentezza che sembrano mostrare le persone intorno a noi, e che spesso assomiglia ad un uragano che ci travolge. Per molte persone, infatti, questo periodo può essere accompagnato da sentimenti di tristezza e di malinconia, che portano a vivere queste festività in maniera ambivalente, aggiungendo anche la frustrazione per non sentirsi gioiosi come si vorrebbe. Insomma, quello che avvertiamo "dentro" non corrisponde allo stato d'animo che secondo tradizione dovremmo avere. Definizione della Sindrome La Sindrome del Natale esiste. Anche se non è un disturbo psicologico codificato dai manuali di salute mentale, si tratta effettivamente di una sindrome stagionale, ovvero di un insieme di sensazioni ed emozioni che possono manifestarsi nel mese di...

Psymap è la piattaforma gratuita ideata dall'Ordine degli Psicologi della Lombardia per aiutare le persone a trovare un professionista Psicologo aMilano e su tutto il territorio regionale. Spesso chi vive un disagio psicologico può provare sentimenti di vergogna e di confusione, che ostacolano la ricerca di una soluzione. Definire in modo chiaro il problema risulta difficile, così come trovare il professionista più capace di rispondere alle proprie esigenze. Nel sito psymap.it troverai esclusivamente psicologi e psicoterapeuti iscritti all'Ordine degli Psicologi. Psymap può aiutarTi a trovare il professionista Psicologo più adatto alle tue esigenze, in modo sicuro, gratuito e discreto, nel settore pubblico e privato. Su Psymap non hai bisogno di registrarTi e puoi contare su un'interfaccia facile da usareche Ti aiuta passo dopo passo nella tua ricerca. Per l'Ordine degli Psicologi della Lombardia Psymap rappresenta un aiuto concreto per avvicinare le persone alla psicologia e ai suoi professionisti in modo sicuro e discreto. Buona navigazione sul sito psymap.it!   Cos'è l'Ordine degli Psicologi?   L'Ordine degli Psicologi è l'Albo Professionale dei laureati in psicologia, che, dopo aver assolto il tirocinio ed aver superato l'Esame di Stato, possono richiedere l'iscrizione nella Regione di residenza. Chi ha superato l'Esame di Stato è dunque abilitato all'esercizio della professione di Psicologo. L'Ordine...

Il ritardo cronico (non quello occasionale giustificato da un motivo plausibile) può essere causato da un'incapacità di gestire il proprio tempo, ma nel mondo degli adulti ciò non è tollerabile. Secondo uno studio dell'Università di San Diego, il ritardo cronico e persistente sarebbe una caratteristica innata e immutabile di una personalità "rilassata", opposta a quella frenetica, meticolosa, sempre centrata sull'obiettivo da raggiungere. Niente da fare quindi: questione di DNA. Ma è proprio così? Vediamo in questo articolo come gestire la situazione di coppia in cui uno dei due è un ritardatario cronico. Ritardo cronico: il significato nella coppia Chiara Venturi, psicologa e psicoterapeuta a Milano e Rimini, cerca invece delle spiegazioni all'interno della coppia. "Il ritardo cronico può essere visto come un 'atto mancato', ovvero non essersi resi conto del tempo che passava: può segnalare una mancanza di interesse inconsapevole verso la persona da incontrare", afferma. "In altri casi è segno di un'eccessiva sicurezza in se stessi, quasi un senso di superiorità inconscio verso la partner, o verso gli altri in generale ("questi sono i miei tempi, gli altri mi aspetteranno"). Oppure il ritardatario potrebbe voler mettere alla prova i sentimenti altrui: "Quanto ci tieni a me?", "Mi accetterai lo stesso anche se ti...

Il tema del carico mentale delle donne e delle mamme, e quindi tutto al femminile, è un argomento più che mai attuale. Questo articolo è una mia intervista, il testo è di Roberta Camisasca, per Silhouette donna. Il carico mentale delle donne: perché devo pensare a tutto io? È sera. Lei finisce di sparecchiare, carica la lavastoviglie, svuota la lavatrice, prepara i panini per il giorno dopo, scrive la lista della spesa. Poi accende il pc, perché deve terminare un progetto da presentare in ufficio il giorno dopo. Lui vorrebbe aiutarla, la segue in giro per casa, le chiede: “Cosa posso fare?”. È l’esempio perfetto di quel lavoro invisibile di organizzazione mentale che sta dietro il famoso multitasking della donna di oggi: moglie, madre, lavoratrice. Il partner è spesso passivo, oppure relegato al ruolo di esecutore: contribuisce alle mansioni domestiche come un collaboratore obbediente (ma di prendere l’iniziativa, non se ne parla). Ecco il carico mentale delle donne: siamo sicure che debba per forza andare così? Carico mentale domestico: dal lavoro alla casa (e viceversa) «Nonostante la condivisione dei compiti fra i due sessi stia facendo progressi, la donna resta il capo indiscusso di quell’impresa che è la casa», si legge nel libro...

C'è la convinzione diffusa che un'educazione autorevole da parte della coppia genitoriale verso i figli possa, o debba comprendere anche atteggiamenti autoritari come l'alzare la voce o l'utilizzo di un approccio fisico, anche "soft". Se in alcuni contesti educativi, come per esempio a scuola, tali approcci educativi aggressivi sono vietati e condannati, all'interno delle mura domestiche sembra esserci una maggiore tolleranza, e si tende a permettere che, in alcune situazioni, un intervento educativo più "forte" possa essere legittimato, nella convinzione ancora largamente diffusa che tali metodi educativi possano essere efficaci e, se saltuari, innocui per il bambino. Diamo per scontato che l'essere genitori sia un compito complesso, difficile, stressante e faticoso, e che in talune situazioni fonti di nervosismo e frustrazione, si possa essere tentati di ricorrere a maniere "forti" per ripristinare l'ordine in casa e per chiedere ai figli di seguire le nostre indicazioni. Di conseguenza, urlare per farsi ascoltare e per richiamare i figli all'ordine può diventare un'abitudine. Spesso ricorrere a tali misure comportamentali avviene quando nella propria famiglia di origine vigevano le stesse modalità, che sono state quindi apprese e considerate normali. Ricordiamo che la relazione con i propri genitori rappresenta per il figlio il primo modello di rapporto...

Nessuno sta a cuore, per un genitore, più dei propri figli. A volte però la frenesia della quotidianità non consente di dialogare in profondità con loro, e magari di osservarli da un punto di vista diverso. Proviamo allora a pensare fuori dagli schemi e sviluppare domande nuove da porre, che potranno servirci per instaurare un dialogo più avvincente, e per conoscere meglio loro, e magari anche noi stessi. COSA DOMANDARE AL POSTO DI "COME E' ANDATA LA TUA GIORNATA?" - qual è stato l'episodio più interessante oggi? - cosa hai imparato oggi? - cosa ti ha fatto sorridere oggi? - hai fatto qualcosa di divertente, sciocco, o interessante? - cosa ti ha fatto meravigliare oggi? - hai avuto occasione di aiutare qualcuno? - hai fatto qualcosa di buon per te stesso? - sei stato orgoglioso di te oggi? in quale circostanza e perché? - ti sei sentito triste? - hai dovuto imparare qualcosa di difficile? - a che gioco hai giocato con i tuoi amici? - a chi eri seduto vicino a pranzo? - con chi vuoi essere amico tra i tuoi compagni di scuola? - chi, tra i tuoi compagni di classe, è completamente diverso da te? - qual è il maestro che ti piace di più, e quale di meno? - se tu fossi maestro...

Sei arrabbiata? Prova la stanza dello sfogo C’è un posto dove sfogare la propria rabbia urlando e spaccando tutto è concesso. Si chiama proprio così: “rage room”, la stanza della rabbia. Dopo aver conquistato americani e giapponesi, ha cominciato a spuntare in varie città d’Italia, da Milano a Roma, da Rimini a Bari, accogliendo manager stressati, amici traditi, cuori infranti e chiunque avesse voglia di esprimere la propria collera nel modo più rudimentale possibile. La sensazione? Elettrizzante, liberatoria, almeno nell’immediato. Ma un sentimento così complesso e delicato va gestito ed elaborato, avvertono gli psicologi. Rage Rooms: un posto dove (quasi) tutto è lecito Anger Games, Time Out, Rage Cage. Cambiano i nomi, ma la formula è la stessa. Entra, distruggi ed esci. Funziona così: ci si iscrive online o telefonando, ci si presenta il giorno e l’orario pattuito e si viene addestrati dagli addetti ai lavori circa il regolamento e l’uso corretto del luogo. Armamentario della rabbia (mazze da baseball, ferri da golf, badili, piedi di porco), vestiario antinfortunistico e kit di oggetti da rompere vengono forniti dal personale. Non è consentito distruggere altro né manomettere il locale (microfoni e telecamere controllano che le norme vengano rispettate e il personale supervisiona il...

"Donne che odiano le donne", di Roberta Camisasca, Silhouette Donna ottobre 2018. Battute, commenti sprezzanti o gesti di esclusione: a volte le crudeltà compiute per invidia da persone del nostro stesso sesso fanno molto male. Ecco come reagire in base al torto subito. In un periodo storico in cui i casi di abusi e maltrattamenti riempiono le prime pagine dei giornali, spesso le donne devono fare i conti anche con forme subdole e latenti di aggressività quotidiana che non trovano giustizia nelle aule dei tribunali, perché si fa fatica a riconoscerle. O a chiedere aiuto. Si chiama violenza intragenere e racchiude una serie di comportamenti crudeli, compiuti da donne su altre donne per i motivi più disparati, dall’invidia all’insicurezza: non lasciano segni sulla pelle ma sono capaci di distruggere serenità e autostima. Ci sono varie forme con cui può manifestarsi: è bene conoscerle, saperle identificare e trovare le strategie per difendersi. Perché succede Non esistono statistiche sugli episodi di violenza al femminile, un fenomeno che sfugge alle classificazioni e alle denunce, perché sotterraneo, spesso taciuto dalle stesse vittime, inconsapevoli di essere tali o troppo impaurite per ribellarsi. Eppure le conseguenze di una parola di troppo o di un gesto scorretto possono essere, a...

Cos'è la Sindrome di Münchhausen per procura? Scopriamolo alla luce di Sharp Objects,  una nuova intrigante miniserie HBO con 8 episodi, distribuita in Italia da Sky Atlantic. Il genere è catalogato come drammatico-giallo-thriller, e le caratterizzazioni dei personaggi, così come le dinamiche e i rapporti che li legano, ben si prestano a interessanti riflessioni psicologiche. La serie è tratta dal romanzo "Sulla pelle" di Gillian Flynn. ATTENZIONE *** SPOILER: la lettura dell'articolo non è consigliata prima della visione della serie. La trama La trama ruota attorno ad una giovane donna, Camille, che per via di complicate vicissitudini familiari vive lontana dal paese d'origine ed è giornalista di professione. Della protagonista sappiamo che è dipendente dall'alcol e che ha praticato per lungo tempo il cutting, procedura per cui il soggetto si taglia sul corpo con oggetti acuminati ed affilati (per l'appunto, "sharp objects"), fino a ferirsi e quindi a portare segni sul corpo di una serie di cicatrici. Capiremo nel corso delle puntate le ragioni dell'allontanamento della ragazza dalla famiglia di origine. Ad ogni modo risulta da subito evidente la sofferenza della protagonista, che tenta di allontanare dalla coscienza i propri vissuti traumatici attraverso l'utilizzo dell'alcol (sostanza depressiva del sistema nervoso) e del cutting, comportamento...