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Quale psicoterapia scegliere: la rivincita della psicoanalisi?

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Quale psicoterapia scegliere: la rivincita della psicoanalisi?

Quale psicoterapia scegliere? A chi mi pone questa domanda, spiego sempre che i metodi per aiutare il paziente sono tanti. Al di là di diatribe teoriche rispetto ad un orientamento o l’altro, è importante che lo psicoterapeuta sia esperto e formato, che abbia passione per il proprio lavoro, e che sia possibilmente specializzato nella problematica di cui il paziente intende occuparsi.

Non da ultimo, è fondamentale che il cliente abbia la sensazione che con quel professionista ci sia una buona intesa umana, in quanto la relazione terapeutica è una condizione fondamentale per poter lavorare bene insieme nel percorso di psicoterapia.

Date queste premesse, i due approcci hanno effettivamente delle basi teoriche differente e di conseguenza anche ricadute pratiche nella conduzione della psicoterapia. Quindi, quale psicoterapia scegliere? Vediamo tutti i dettagli in questo articolo.

La rivincita della psicoanalisi

Nel numero 1138 del 29 gennaio-4 febbraio 2016 è comparso su “L’Internazionale” un interessante articolo di Oliver Burkeman dal titolo “La rivincita della psicoanalisi“, con il seguente sottotitolo: “Ci sono tanti tipi di psicoterapia. Ma è difficile capire quali sono i più efficaci. Oliver Burkeman cerca delle risposte.”

L’articolo analizza l’impostazione psicoanalitica e la psicoterapia cognitivo-comportamentale, sottolineandone le differenze. Si tratta di un pezzo di facile e chiara lettura, che, oltre alle indicazioni terapeutiche, mette in luce le ripercussioni culturali e sociali di entrambi gli approcci.

L’articolo originale in inglese è stato pubblicato sul The Guardian il 7 gennaio 2016.

Psicoanalisi versus terapia cognitivo comportamentale: la diatriba

Uno psicologo (o un medico), dopo aver ottenuto l’abilitazione ad esercitare la professione, può iscriversi ad una scuola di specializzazione quadriennale, riconosciuta dal MIUR, per diventare psicoterapeuta. Non esiste però un solo modo di praticare la psicoterapia. Considerando quale psicoterapia scegliere, è bene sapere che esistono circa 25 orientamenti diversi, per un totale di circa 400 scuole di specializzazione presenti sul territorio nazionale.

Storicamente, i due maggiori orientamenti, quello psicoanalitico e l’approccio cognitivo-comportamentale sono indirizzi contrapposti, con una sottile – o aperta, a seconda delle circostanze – diffidenza reciproca. Il dibattito ha origini storiche remote, e porta con sé riflessioni teoriche e tecniche, e una differente cultura e visione del mondo psichico a seconda della prospettiva.

La diatriba

Terapia psicodinamica o psicoanalitica e terapia cognitivo comportamentale sono oggi ampiamente utilizzate in Italia e nel mondo per il trattamento di diversi disturbi psichici, come attacchi di panico, ansia o depressione, ma anche per altri stati di sofferenza psicologica.

Si basano su concetti di fondo diversi, tanto da essere spesso considerate in contrapposizione. Ma è sempre più evidente che tutte le forme di psicoterapia hanno anche molto in comune.

Quale psicoterapia scegliere e come individuare quella più adatta

Quale psicoterapia scegliere: ecco i due approcci e modelli, storicamente “antitetici” nella cura psicologica, a confronto:

 

La terapia cognitivo-comportamentale

La terapia cognitivo comportamentale si è diffusa in Italia a partire dagli anni Settanta ed è in continua evoluzione in quanto segue il progredire della scienza psicologica, della scienza cognitiva e delle neuroscienze.

Vengono utilizzate tecniche specifiche finalizzate a modificare il comportamento attuale del paziente, tecniche la cui efficacia viene sempre più spesso confermata da studi empirici.

L’orientamento cognitivo comportamentale infatti, considerato più rapido (e quindi più economico) si fonda sull’idea che il problema, o il sintomo, si possa gestire o eliminare nel presente senza necessariamente indagare in maniera troppo approfondita le cause e la genesi nella storia del soggetto.

Il focus

Il focus è sull’hic et nunc (qui ed ora) – rispetto alla ricostruzione storica, tipica della psicoanalisi –  del funzionamento cognitivo e comportamentale del soggetto. La terapia cognitivo comportamentale tende a modificare schemi e abitudini, appunto, cognitivi o comportamentali (pensieri, emozioni, comportamenti) attraverso varie tecniche ed una partecipazione attiva del soggetto coinvolto nella cura. Alcuni modelli tuttavia, e a seconda degli obiettivi che si pongono paziente e psicoterapeuta, è possibile integrare maggiormente anche la rilevanza delle esperienze passate. Si andrà infatti ad indagare come e quando gli schemi cognitivi, relazionali e comportamentali sono stati appresi e come si sono rafforzati con il trascorrere del tempo.

Il focus è sulla comprensione del modo in cui il paziente percepisce il mondo, più che gli eventi specifici che gli accadono.

In sintesi

In termini estremamente sintetici, potremmo affermare che la terapia cognitivo comportamentale è un approccio mirato a risolvere in un tempo più breve una specifica sintomatologia psicologica. Il processo utilizza la ristrutturazione di schemi cognitivi (pensieri) e di azione (comportamenti) che si sono consolidati nel tempo.

Quale psicoterapia scegliere: l’approccio cognitivo comportamentale

Secondo Bruno Bara, un punto a favore dell’approccio cognitivo comportamentale è l’influenza e l’integrazione con la psicologia orientale, che attraverso la meditazione (e la sua versione semplificata, la mindfulness), ha profondamente modificato l’approccio terapeutico. Si cerca così di passare dal cercare di modificare pensieri ed emozioni disfunzionali al cercare di accoglierli senza giudizio. Dagli anni Novanta, l’accento si è spostato dal tentare di cambiare ad ogni costo e velocemente, ad un’accettazione della complessità della vita interiore e dell’inevitabilità di un certo grado di sofferenza psicologica.

La psicoanalisi

Il modello psicoanalitico ideato in origine da Sigmund Freud , ha iniziato a diffondersi ampiamente in Italia a partire dagli anni Sessanta.

Fonda il suo metodo psicoterapeutico sull’analisi dell’inconscio, dei meccanismi di difesa, dei conflitti, dei sogni e delle resistenze del paziente. Per procedere in questo modo, si ritengono naturalmente molto rilevanti le prime esperienze relazionali del soggetto che possono rivivere in maniera inconsapevole nei comportamenti attuali. Si scandaglierà quindi in maniera decisamente più approfondita il passato rispetto al presente. Analista e paziente mirano a comprendere le ragioni inconsce e profonde dello sviluppo dei sintomi, esplorano l’universo del mondo interno della persona con l’obiettivo di una risoluzione definitiva della sua sofferenza.

Il focus

La psicoanalisi predilige infatti la profondità, le origini, collegando il sintomo attuale con le sue cause inconsce. Questa via è ritenuta l’unica veramente efficace per risolvere il disagio e fare in modo che non “rientri dalla finestra” sotto altre forme, magari dopo qualche anno.  Risolvere il conflitto che sostiene il sintomo psichico, e imparare a conoscere profondamente la propria verità soggettiva ci rende infatti liberi per davvero, e padroni dei nostri pensieri e dei nostri comportamenti.

In sintesi

Lo scopo non è pertanto solo la diretta risoluzione dei sintomi, ma anche una disamina dei fenomeni inconsci e del modo complessivo di funzionare del paziente e dei suoi fenomeni intrapsichici – nonché del mondo delle sue relazioni interpersonali. Inoltre, utilizza il rapporto tra terapeuta e paziente come fondamentale strumento di cura, attraverso l’analisi del cosiddetto transfert.

 

Quale psicoterapia scegliere: la rivincita della psicoanalisi

Secondo Jonathan Shedler (psicologo statunitense), la terapia psicodinamica ha sette precise caratteristiche distintive:

  1. focalizzazione sulle emozioni del paziente
  2. esplorazione dei suoi pensieri e sentimenti che gli creano disagio
  3. identificazione di temi ricorrenti nei suoi pensieri
  4. discussione delle sue esperienze del passato
  5. focalizzazione sui suoi rapporti con le persone
  6. e col terapeuta stesso
  7. esplorazione di desideri e fantasie

 

Considerare differenze e similitudini per scegliere la propria psicoterapia

Nel considerare quale psicoterapia scegliere, è importante sapere che esistono moltissimi metodi psicoterapeutici, oltre ai due principali presentati in questo articolo. Al di là delle differenze di impostazione, negli anni queste due forme di psicoterapia sembrano essersi alquanto avvicinate e non sono più così polarizzate come agli esordi. Pur mantenendo ciascuna una propria identità e ovviamente anche società scientifiche diverse.

Secondo Paolo Migone in un’intervista al Corriere Salute*, in realtà la terapia psicodinamica è anche una terapia cognitiva, nel senso che valorizza molto le cognizioni, ossia i pensieri del paziente. Inoltre, la riformulazione da parte del terapeuta del materiale che il paziente porta in seduta, che viene chiamata “interpretazione psicoanalitica”, può essere considerata a tutti gli effetti anche un intervento di tipo cognitivo.

Allo stesso tempo, la terapia cognitiva relazionale è molto vicina alla psicoanalisi relazionale contemporanea, come afferma Bruno Bara nella medesima intervista. Entrambe si riferiscono infatti ai medesimi studi, principalmente alla teoria dell’attaccamento di John Bowlby. Secondo Bara, “tutti discendiamo da Freud”, il quale ha certamente influenzato l’intera cultura occidentale in cui sia i terapeuti sia i pazienti sono immersi.


Quale psicoterapia scegliere: alcuni suggerimenti

Per valutare quale psicoterapia scegliere, non è importante solo il tipo di approccio teorico con cui lavora il terapeuta, ma può essere utile approfondire anche i seguenti argomenti:

 


Aggiornato grazie all’articolo-intervista di Danilo di Diodoro pubblicato su Corriere Salute – 23 settembre 2021.